DEMOLITION#1 squatter, 2011
still da video 3 min 30 sec
Installazione site specific / performance / video
Assab One, Milano
Demolition è un intervento realizzato all’interno di una serie di edifici da demolire. Scenario sono alcuni scheletri dei palazzi nella località Treppiedi in provincia di Modica, complesso edilizio appartenente allo IACP che non ha superato i normali test di sicurezza e stabilità, restando un incompiuto. Lì una piccola parte di spazio localizzata al secondo piano di uno degli edifici, è divenuta la simulazione di una costruzione abusiva da parte di un vagabondo/squatter. I materiali utilizzati sono cartoni, stoffe, plastiche, finestre rotte, materassi. Apparentemente qualcuno in modo illecito, si è così impadronito di parte dell’edificio e ne ha fatto la sua momentanea abitazione. Le riprese video prima della demolizione durante e dopo, documentano il crollo, momento catartico e al contempo devastante.
L’artista, successivamente, ha realizzato delle mattonelle con i detriti della demolizione.
DEMOLITION#1 squatter, 2011
Site specific installation / performance / video
Assab One, Milano
Demolition is an intervention created within a series of buildings that were supposed to be demolished. The scene was set by building frames located in Treppiedi in the province of Modica, a building complex belonging to IACP that failed the standard security and stability test, remaining unfinished. There, a small space on the second floor of one of the buildings, there was a recreation of an unauthorized building by a hobo/ squatter. The materials that were used were cardboard, fabrics, plastics, broken windows and mattresses. Apparently someone illicitly took possession of part of the building, making it a temporary housing. The video was taken before, during and after the demolition and documented the collapse that was the cathartic and devastating moment.
Subsequently, the artist created tiles with the rubble of the demolition.
Demolition, 2011 has also been exhibited during the artshow “Il quinto atto”, Galleria Biagiotti, Firenze
Il presente è un luogo stratificato in cui ci troviamo a vivere e nel quale confrontiamo certe scelte precedenti in relazione ai fatti salienti dell'attualità. Gli anni che stanno scorrendo con una velocità apparentemente inafferrabile sono fatti di occasioni estemporanee non sempre facili da cogliere che spesso rimangono incomprensibili o relegate ad abitudini visive: ci ritroviamo a consumare senza verificare. Gran parte del paesaggio di cui facciamo parte si cristallizza dentro le giornate e le azioni sedentarie diventando l'unica visione, l'unica forma possibile di contatto con la realtà circostante. Questo vivere per accettazione di ciò che è dato diviene una particolare modalità di intendere il passaggio attraverso i luoghi e le forme che essi ci propongono da anni, immutabili, fermi: una fotografia incosciente. In antitesi a questo, avvengono fatti inusuali che cambiano e modificano radicalmente porzioni dei nostri paesaggi interiori ed esteriori, reazioni allo stato di cose, al proprio status individuale, culturale ed anche sociale. Il cambiamento può avvenire con una demolizione che organizzata e pensata rappresenta una soluzione immediata e subitanea ad una costruzione che va dal significato alla struttura fisica e materiale delle cose che circondano il nostro abituale movimento. Quando Loredana Longo apprende, nell'agosto scorso, che tre scheletri di edifici venivano fatti brillare il 4 settembre a Modica nella zona Treppiedi Nord, l'operatività di un artista estrema come lei diventa occasione unica per aggiungere un tassello alla sua "estetica della distruzione" che dalle esplosioni di ambienti borghesi degli anni '60 e interni casalinghi ricostruiti per ricordare e poi eliminarne il ricordo, approda ad un evento raro quale l'atto della demolizione strutturale di corpi cementizi dello IACP in piedi da circa trent'anni e simbolo dell'avventata accelerazione edilizia degli anni 70 che ha lasciato ovunque mostri e incubi dati dal progresso e dalla speculazione sui bisogni primari di larghe parti della popolazione italiana e in maggior parte di un sud che cresceva, in quegli anni, a livello sociale e demografico.
Demolition #1 squatter mette sulla scena di grigi palazzi non finiti la presenza di chi trova temporaneamente dimora "squattando" e occupando uno spazio ai limiti del pericolo e della precarietà, prima che tutto sia raso al suolo per sempre.
Loredana Longo unifica la distruzione alla fine di un momento di serenità di chi, idealmente, ha trovato un tetto subnormale sotto il quale essere persona , sotto il quale compiere gesti che solo una casa può consentire al di là della mancanza di quei confortevoli oggetti e strutture che ormai compongono la nostra vita quotidiana. Lo squatter porta oggetti di recupero e si adatta con quello che la società gli consente, dal perimetro di un palazzo in disuso, destinato ironicamente al "popolo", ai suppellettili di scarto, ma di prima emergenza. Il piano del rudere di cemento si colora di tende, tavoli, librerie e utensili primari. Dal grigio, straborda il colore di un mix fatto di bisogni, confusioni e opportunità perdute prima che tutto finisca perché la stabilità è un lusso, un'utopia. Il lavoro della Longo va in profondità e non risparmia quei compartimenti umani e politici che a volta sembrano giocare con la vita degli altri incuranti delle procurate infelicità e delle vite messe al margine per interessi elitari che includono veramente poche persone. La distruzione avviene in pochi secondi, la nube di polvere è fitta. L'artista catanese approda ad un intervento che segna in maniera indelebile il suo percorso perché questa volta ogni passo è stato fatto con quella tenacia che non si ferma davanti a niente, che non ha paura di osare per mostrare tutto l'inosservato che ogni istante ci passa davanti senza creare quell'indignazione che sarebbe il giusto innesco di una rivoluzione.